L’arterite di Takayasu (AT) è una vasculite che coinvolge i vasi di grosso calibro. Nella sua patogenesi sono coinvolti il sistema immunitario innato e adattativo. Le citochine maggiormente implicate sono l’IL6, il TNFα e l’IL-18; l’attivazione delle vie Th1 e Th17 contribuiscono all’infiammazione secondaria a questa patologia. È stata inoltre riscontrata una suscettibilità genetica: l’HLA-B52 e diversi loci.
Più recentemente, alcuni studi hanno spostato l’attenzione sulla via JAK/STAT. È stato osservato che il blocco della via JAK/STAT con tofacitinib sopprime la risposta immune alla base della vasculite dei grandi vasi in un modello murino (Zhang et al, Circulation 2018). Un recentissimo studio ha documentato un’aumentata attività della via JAK/STAT nei pazienti con AT rispetto ai controlli (Regnier et al, Ann Rheum Dis 2020).
A livello dei linfociti T, è stata recentemente dimostrata l’iperattività del complesso multiproteico mTORC1 nei linfociti CD4 dei pazienti con AT rispetto ai controlli ed ai pazienti con poliangite granulomatosa (Zhang et al, Arthritis Rheumatol 2020). Il blocco dell’attività di mTORC1 attraverso la rapamicina o nei topi knockdown consente la riduzione dei livelli di linfociti T CD3. Sono state documentate forme di TA in un contesto di malattie monogeniche (mutazioni di NOD2, STAT1 etc.).

La presentazione clinica della TA è spesso non specifica e variabile in funzione della distribuzione e dell’estensione dell’infiammazione vascolare. L’ipertensione è il più comune segno clinico alla presentazione (73% dei bambini) seguita dalle alterazioni dei polsi periferici, dalla presenza di soffi e dalla discrepanza della pressione arteriosa (> 60% dei bambini). Tutto ciò rende di fondamentale importanza l’esame clinico nel bambino con infiammazione sistemica.
Esistono poi alcune differenze nelle manifestazioni cliniche tra i pazienti con esordio in età pediatrica e gli adulti. Solitamente i bambini presentano una ridotta prevalenza del sesso femminile, ridotto ritardo diagnostico, più frequente coinvolgimento dell’aorta e dell’arteria renale e più spesso ipertensione. Al contrario i pazienti con esordio della TA in età adulta presentano un più frequente coinvolgimento dei vasi degli arti superiori e più frequentemente artrite/artralgia.

La terapia si basa sull’uso di corticosteroidi, immunosoppressori (classici DMARDs come MTX), ciclofosfamide nei casi più severi e terapie biologiche individualizzate. Sono stati infatti riportati buoni risultati con l’utilizzo di anti-TNFα e anti-IL6 in case report e piccoli studi (prevalentemente su adulti). Sulla scorta dei dati riguardanti le vie implicate nella patogenesi, nel 2020 sono stati pubblicati diversi case report riguardanti l’uso di tofacitinib nei pazienti con TA. Dei casi pubblicati, solo 3 avevano un’età inferiore ai 18 anni.
Rimangono tuttavia domande riguardo al trattamento di scelta di questi pazienti, alla durata e all’impiego come prima linea o meno.

Nell’AT l’andamento della malattia non è di facile interpretazione, la remissione clinica può non coincidere con l’imaging. Infatti, in circa la metà dei pazienti ritenuti in remissione clinica è stata riportata un’angio-RMN o una FDG-PET con segni di vasculite in fase attiva (Quinn et al, Ann Rheum Dis 2018; Grayson et al, Arthritis Rheumatol 2018). È inoltre possibile che l’imaging non concordi con l’istologia (imaging negativo e istologia positiva per vasculite attiva) (Dikkes et al, Rheumatology 2017). Sebbene non esistano biomarcatori universalmente riconosciuti, l’IL-6 nei pazienti trattati con tocilizumab potrebbe essere utile nel monitoraggio dell’attività di malattia (Sakumura et al, Rheumatology 2020; Berger et al, Ann Rheum Dis 2019).


Florence A. Aeschlimann
Necker University Hospital, Paris, France