La professoressa Ozen inizia la sua presentazione sottolineando il cambiamento di approccio terapeutico da un modello unico, che può essere adattato a tutti i pazienti ad un modello individuale alla cui base vi è il concetto di medicina di precisione. Tale modello permette di intervenire in maniera adeguata sul paziente nel momento più idoneo.
Vengono poi passate in rassegna le diverse patologie.
Deficienza di ADA2
La deficienza dell’ADA2 porta allo sviluppo di una vasculopatia autoimmne recessiva monogenica (deficiency of adenosine deaminase 2; DADA2), le cui caratteristiche principali quali la livedo reticularis, le lesioni nodose, le ulcere, gli stroke lacunari, le anomalie ematologiche e immunologiche e la presenza di storia familiare positiva (malattia autosomica recessiva) presentano similitudini con la poliarterite nodosa.
Dal punto di vista istopatologico, i pazienti con DADA2 presentano una vasculite necrotizzante nelle arterie di medio e piccolo calibro e una quota non trascurabile di pazienti sviluppa aneurismi.
Lo spettro delle manifestazioni cliniche e laboratoristiche è ampio: nella totalità dei pazienti si ha coinvolgimento della cute e del tratto gastrointestinale, molto frequenti sono anche le manifestazioni neurologiche seguite da quelle renali e dalle complicanze oculari. In circa ¼ dei pazienti sono presenti alterazioni ematologiche/immunologiche (anemia, leucopenia, ridotti livelli di immunoglobuline, ridotti livelli di linfociti CD19) che possono portare ad un aumento del rischio infettivo. Di frequente riscontro è la consanguineità dei genitori.
Il dosaggio dell’attività enzimatica dell’ADA2 rappresenta un biomarcatore utilizzato nel follow-up di questi pazienti.
Le piastrine sono solitamente normali o lievemente ridotte nei pazienti con DADA2 mentre, in pazienti con PAN, è tipica una trombocitemia.
Il trattamento si avvale degli inibitori del TNFα e, nei pazienti con alterazioni ematologiche e immunologiche, del trapianto di midollo osseo.
Aploinsufficienza dell’enzima A20
Un’altra vasculopatia monogenica discussa dalla professoressa Ozen è l’aploinsufficienza dell’enzima A20 (HA20). L’ubiquitinazione è il processo mediante il quale è definito il destino delle proteine attraverso modifiche postraduzionali. I difetti di ubiquitinazione e di deubiqutinazione portano all’attivazione della via NF-kB e alla conseguente iperproduzione di citochine proinfiammatorie. L’enzima A20 e l’otulina idrolizzano le catene di ubiquitina.
L’HA20 determina un ampio spettro di manifestazioni cliniche che si sovrappongono a quelle della malattia di Behcet. Rispetto a quest’ultima l’HA20 è una malattia autosomica dominante con un esordio più precoce, febbre ricorrente, ulcere che vanno incontro a cicatrizzazione, interessamento oculare caratterizzato da uveite anteriore, vasculite retinica e coroidite con infiammazione necrotizzante; sono presenti autoanticorpi a basso titolo e può presentare caratteristiche autoimmuni simili a quelle del lupus eritematoso sistemico.
Sting associated vasculopathy with onset in infancy (SAVI)
La mutazione gain of function (autosomica dominante o sporadica) del gene TMEM173 che codifica per STING (stimulator of interferon genes) è alla base di una vasculopatia infiammatoria che coinvolge la cute e i polmoni. Clinicamente è caratterizzata dalla presenza di febbre associata a incremento degli indici di flogosi, segni di vasculopatia (noduli, lesioni ulcerative distali con infarti, placche violacee acrali), danno tissutale (gangrena delle dita, perforazione del setto), malattia polmonare interstiziale e autoanticorpi a basso titolo. L’esame bioptico delle lesioni rivela la presenza di una vasculite leucocitoclastica e di un’angiopatia microtrombotica dei piccoli vasi del derma.
La professoressa Ozen conclude la sua elegante presentazione sottolineando l’importanza della genomica nella medicina di precisione.
Seza Ozen
Haceteppe University, Ankara, Turchia